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Chi ha paura di “questa autonomia”

di Patrizio Bertin *

Chi ha paura dell’autonomia?
Ce lo stiamo chiedendo da ben 5 anni a questa parte, da quando cioè, il 22 ottobre 2017, il 98,1% dei veneti votò “sì” al referendum consultivo sulla questione, dimostrando che il tema, almeno da queste parti, non era (e crediamo non lo sia ancora oggi) divisivo.
Già, ma allora chi ha paura dell’autonomia?
Se dobbiamo essere sinceri, troviamo più coerenti nel ragionamento i presidenti della Puglia Emiliano e della Campania De Luca, che non certi scettici della prima e soprattutto dell’ultima ora, i quali sottolineano con forza che l’autonomia non deve essere un tema di divisione del Paese, salvo scordare che sono passati ben 22 anni dall’approvazione in Costituzione del Titolo Quinto.
Ovviamente non staremo qui a sottolineare i vantaggi dell’autonomia della Provincia di Bolzano che ha una peculiarità tutta sua, però i vantaggi della provincia di Trento sono forse addirittura maggiori e se diversi comuni veneti confinanti con l’una o con l’altra hanno chiesto il passaggio a quei territori (e addirittura uno, Sappada, l’ha ottenuto per aggregarsi al Friuli – Venezia Giulia, altra regione a statuto speciale), significa che le disparità sono già oggi ben presenti anche al Nord e forse l’autonomia del Veneto potrebbe consentire di ridurle.
Chi mette in guardia sulle possibili conseguenze negative della bozza Calderoli, avverte che sulle reti di trasporto, ad esempio, bisogna stare molto attenti a sottrarre la gestione a livello nazionale e un ragionamento analogo lo fa riguardo l’energia.
Qui va detto con chiarezza che si tratta di rilievi non peregrini e che l’autonomia non è incisa sulla pietra. Due anni e più di pandemia e uno di guerra ci hanno insegnato tante cose ed è assolutamente vero che se la questione del Tap fosse rimasta nelle competenze della Regione Puglia forse oggi staremmo qui a leccarci più ferite di quelle inferte dal caro gas, ma è anche vero che se depurata delle scelte strategiche, la materia dell’energia (soprattutto quella prodotta da fonti rinnovabili o dall’idroelettrico) potesse riversarsi sulla fiscalità regionale, una regione come la Calabria, per ammissione del suo stesso presidente, “potrebbe avere grandi benefici”, così come potrebbe avere grandi benefici se le accise sui porti fossero anch’esse di competenza regionale vista la presenza, in quella regione, dell’hub logistico di Gioia Tauro e di numerosi porti turistici.
Detto diversamente: ci sono delle opportunità che l’autonomia differenziata può dare anche alle regioni del Sud.
Certo: nessuno nega che l’autonomia differenziata debba essere un’autonomia giusta e nello spirito della Costituzione, con adeguati elementi di perequazione e con l’obiettivo di rafforzare la coesione nazionale, ma è evidente che non è che la situazione attuale sia l’equivalente del paradiso terrestre con un Nord, un Centro e un Sud sulla stessa linea di partenza. Cosa mai potrebbe fare, di così negativo, un’autonomia in grado di responsabilizzare chi governa il proprio territorio?
Perché è su quel verbo, “responsabilizzare”, che crediamo si decida la partita.
Il federalismo fiscale, se non ricordiamo male, veniva visto come il male assoluto nel Mezzogiorno. Numeri alla mano, sembra che i comuni e i territori del Sud ne abbiano ricavato maggiori risorse.
Dunque: un conto è la programmazione che nessuno obietta debba rimanere nell’alveo delle decisioni nazionali, un conto invece è la gestione che ritengo possa essere meglio affrontata in sede locale.
Permettere a chi vuole di provare non dovrebbe essere un problema per nessuno. Chi chiede maggiori competenze avrà maggiori risorse e, alla fine, si confronteranno i risultati.
Così si rompe l’Italia? Se le disuguaglianze non esistessero converremmo, ma è a tutti evidente che non è così.
Evidente, per contro, è che il tessuto economico del Veneto (ma non solo), è fatto, in larga parte, da migliaia di piccole e piccolissime imprese che chiedono di poter essere sostenute nel loro sforzo e lo chiedono a chi le conosce meglio, che pretendono meno burocrazia, che auspicano decisioni in tempi ragionevoli e che, in un secondo momento, si arrogano il diritto/dovere di premiare, col voto, chi ha fatto bene e di penalizzare chi ha fatto male.
Riformuliamo la domanda: chi ha paura di “questa” autonomia?

*presidente di Confcommercio Veneto